Clover è un orfano che conduce una vita difficile e caotica. Niente stabilità. Niente soldi. Niente amici. Non si fida di nessuno.
La sua vita già triste scende in picchiata quando finisce tra le mani di una gang coinvolta nel traffico di esseri umani. Qualcuno ha richiesto un giovane uomo albino, e Clover dovrà diventare proprietà di un compratore misterioso che non si fermerà davanti a niente pur di soddisfare i propri desideri più perversi. Il destino di Clover sembra segnato finché non sarà casualmente salvato da quattro cacciatori di teste che vogliono catturare i suoi rapitori.
I quattro mercenari vogliono andare avanti per la loro strada, ma quando Clover li supplicherà di proteggerlo, loro accetteranno, anche se ci sarà un prezzo da pagare. All’inizio, l’accordo sembra poco chiaro, ma quando comincerà a conoscere i quattro uomini che lo hanno trascinato in una corsa spericolata, i suoi sentimenti potrebbero diventare pericolosi quanto lo sfuggente compratore.
Tuttavia, una relazione con quattro uomini diversi potrà mai funzionare? Sono uomini che uccidono per vivere. Uomini pieni di contraddizioni.
Tank. L’imponente ex soldato che desidera essere il paparino di Clover.
Pyro. Selvaggio, pieno di tatuaggi, con una bocca pronta a dire oscenità e una smania per la violenza.
Boar. Rosso, barbuto, un orsacchiotto che può trasformarsi in un grizzly.
Drake. Oscuro e pericoloso, con una lingua affilata come i suoi coltelli.
Questi uomini possono procurargli l’amore e la sicurezza che desidera? Oppure Clover ha commesso l’errore peggiore della sua vita?
*
GENEROSI, un romanzo dark gay harem contemporaneo, il primo volume della trilogia “Four Mercenaries”. Ha contenuti espliciti, un linguaggio forte, personaggi moralmente ambigui e parecchie scene bollenti ed emotive.
Temi: rapimento, poliamore, mercenari, cacciatori di teste, albinismo, problemi a impegnarsi, proposta indecente, passato oscuro, legame maschile, traffico di esseri umani, differenza di corporatura, da nemici ad amanti, pericolo, maschio alpha, famiglia per scelta, mancanza di fiducia, condivisione, vittima e protettore
Lunghezza: ~90,000 parole
Tank abbassò il passamontagna sul viso. Il tessuto era sottile, ma era comunque così caldo da imperlargli la pelle di sudore e far friggere lentamente il suo corpo con i suoi stessi liquidi.
Fissò le due sagome sui sedili davanti del furgoncino, poi Drake, seduto sul pavimento del retro, di fronte lui, in perfetto silenzio, con le gambe incrociate, le spalle ricurve e i gomiti appoggiati sulle ginocchia, a fissare la sua collezione di coltelli. Di tanto in tanto, Drake sfiorava le lame con i polpastrelli, ancora indeciso su quale scegliere per la serata. Conosceva le sue armi alla perfezione, proprio come Tank poteva indovinare quale arma da fuoco stesse tenendo in mano, semplicemente dal peso e dalla sensazione tra le sue dita.
La luce già debole dei fari si affievolì, segnalando l’avvicinamento al loro obiettivo. Nel bel mezzo del nulla, nel New Mexico, era necessario sforzarsi di passare inosservati, soprattutto a quell’ora di notte.
«Sei sicuro che sia questo il punto?» domandò Tank a Boar, che guidava il furgoncino con tranquillità, come se si trovassero in gita e non sulle tracce del loro obiettivo.
«Ho controllato due volte le coordinate. Deve essere il nostro uomo.»
Pyro si agitò sull’altro sedile e, nonostante il suo volto fosse celato dall’oscurità, i raggi lunari fecero brillare le punte dei suoi denti affilati quando sogghignò. «Ci sono delle luci davanti a noi. Siamo quasi arrivati.»
Era anche ora, perché l’attesa lo aveva reso impaziente di usare le armi. Era in situazioni come quelle che si sentiva più a suo agio. Avere una causa comune gli faceva ricordare il suo periodo in Iraq, anche se i suoi giorni nell’esercito si erano dimostrati una delusione. Comunque, era stata proprio quell’esperienza a trasformarlo nell’uomo che era diventato.
Se ne infischiava delle leggi ed era fedele solamente ai suoi uomini.
Non si trovavano lì per portare pace o giustizia. Si trattava di soldi.
Boar spense il motore del furgoncino. «Dovremmo proseguire a piedi per evitare che ci senta.»
Quell’esortazione aiutò Drake a prendere una decisione, e alla fine scelse una lama lunga. A differenza degli altri, Drake non aveva bisogno di cambiarsi per il viaggio, perché era vestito sempre di nero dalla testa ai piedi. Gli bastava la sua attrezzatura per entrare in azione. Sogghignò prima di indossare il passamontagna. I trafficanti di esseri umani erano i suoi bersagli preferiti. Tank sospettava che Drake li avrebbe fatti fuori con piacere senza nemmeno ricevere una ricompensa, ma un uomo aveva bisogno di mangiare.
Tank si alzò dal pavimento, e dovette abbassare il capo per non sbattere sul soffitto nel retro del furgoncino. «Pyro, sai che cosa fare. Boar, avvicinati alla porta principale. Drake, noi entreremo dal retro. Riggs ha una piccola squadra, quindi potrebbe non essere solo.»
«Ho sentito dire che doveva incontrare una donna da queste parti. Un’amante segreta?» domandò Boar, non appena scese dall’auto. Sapeva essere un vero bastardo, ma con la barba ramata e folta e il sorriso a trentadue denti era il più discreto della squadra. Era utile quando il loro lavoro richiedeva che uno di loro distraesse il bersaglio.
Pyro ridacchiò e indossò il passamontagna. «Uno stupratore a cui piacciono consenzienti? È questo che stai dicendo?»
Non appena Drake aprì lo sportello con un calcio e scese dal veicolo, la sua sagoma esile ma alta formò un buco nero sullo sfondo degli arbusti scuri. «Concentrati,» ordinò, guardando verso le luci davanti a loro. Si trovavano a dieci minuti dalla vecchia fattoria. Dato che il loro capo non aveva richiesto che consegnassero Riggs a qualcuno, quell’incarico avrebbe dovuto filare liscio come l’olio. Quel bastardo doveva abbandonare il traffico di esseri umani per sempre. La cosa migliore che quello stronzo poteva sperare era di essere ucciso da un proiettile di Tank piuttosto che dal coltello di Drake.
«La treccia,» borbottò Tank rivolgendosi a Pyro quando lo vide passare. Che senso aveva indossare un passamontagna se i suoi capelli blu si vedevano da dietro? Ne avevano già discusso, ma Pyro si rifiutava di tagliare quella treccia. Doveva essere speciale. Una volta lui aveva insinuato che Pyro compensasse la sua altezza con qualcosa di stravagante, ma un naso rotto dopo, Tank non ne aveva più fatto parola.
«Sì, mamma.» Pyro fece un cenno con la mano per chiudere il discorso, ma sistemò i capelli sotto il colletto e sollevò il cappuccio. Sculacciò Boar sul sedere e si incamminò con una borsa di esplosivo.
Il buio li rallentava, anche se era utile per restare nascosti. Riggs non si sarebbe accorto di niente.
Anche durante la notte, la parte laterale bianca della fattoria era in netto contrasto con le colline spoglie alle spalle dell’edificio, e l’albero solitario era cresciuto così in alto che i rami privi di foglie procuravano ombra sufficiente durante il giorno.
Davanti al porticato erano parcheggiate due auto. Uno dei due veicoli era il furgoncino di Riggs, l’altro un SUV elegante, che doveva appartenere alla donna con cui era stato avvistato. Tank aggrottò la fronte. Più osservava l’edificio, meno gli sembrava un luogo appropriato per un appuntamento galante. La vernice bianca si staccava dalla facciata e una delle finestre penzolava, era attaccata a un cardine solo. Forse la donna amava il brivido? Non che fossero affari suoi.
Controllò la pistola e fece un gesto agli altri, prima di avvicinarsi sul retro dell’abitazione, seguito da Drake, che aveva a malapena parlato. La finestra rotta rendeva la casa ancora più vulnerabile a un attacco rispetto ad altri posti, e non appena Tank la superò sentì una melodia jazz provenire dall’interno.
«Nascondetevi attorno alle auto ed entrate in azione, se necessario,» sussurrò Tank, e Boar annuì prima che lui e Drake proseguissero verso la porta sul retro.
Dopo aver lavorato per anni insieme, si capivano senza bisogno di parole. Una parte di lui cominciava a essere delusa dalla facilità di quell’incarico. Sperava sempre di affrontare missioni complicate, quegli incarichi che poche squadre accettavano ma, sempre che Riggs non avesse una vasca di squali nascosta sotto il pavimento, quella storia si sarebbe conclusa in un paio di minuti. Era sempre più sicuro avere dei rinforzi, ma Drake avrebbe anche potuto cavarsela da solo. Salvo che non ci fossero altri trucchetti ad attenderli.
Proprio in quel momento, quando si avvicinarono alla porta sul retro, un latrato squarciò la musica jazz.
Grandioso. Non se lo aspettavano.
«Che diavolo è stato?» tuonò una voce maschile, che apparteneva a Riggs, anche se la sua compagna non sembrò per niente infastidita.
«Probabilmente un animale. Mylo? Che cosa percepisci, tesoro?»
Tuttavia, quel cane non voleva calmarsi, e i latrati cominciarono ad aumentare i livelli di adrenalina di Tank.
Boar li chiamò dalla parte frontale dell’edificio, e Drake gli fece un cenno del capo, raggiungendo la porta sul retro in un paio di falcate. Dovevano agire più in fretta del previsto.
«Salve, c’è nessuno in casa?» chiese Boar, prima di bussare con forza contro la superficie di legno. Il rumore metallico che provocò fu sufficiente a distrarre le persone all’interno, mentre Drake faceva la sua magia. Grazie alla luce fioca della torcia che teneva in bocca, riuscì ad aprire la porta in un paio di secondi con due utensili di metallo.
Tank fu il primo a entrare in cucina, sussultando quando il pavimento di legno, ormai consumato, scricchiolò sotto i suoi piedi. Gli bastò un solo sguardo per capire che nessuno viveva in quel posto. Vide scarafaggi correre sotto di lui e un frigorifero aperto e vuoto, con le pareti ammuffite. Forse nascondevano della droga?
Drake era proprio dietro di lui, ma quando Riggs urlò qualcosa a Boar attraverso la finestra, arrivò il momento di entrare in azione. Percorsero il corridoio, raggiungendo l’unica stanza illuminata nella parte frontale della casa, quando emerse un corpo alto e muscoloso. L’uomo non somigliava a Riggs, ma prima che avesse il tempo di avvicinare la mano alla fondina, una scia metallica sfiorò il viso di Tank e sfrecciò verso lo sconosciuto. Il coltello affondò nella gola dell’uomo, ma non ebbe il tempo di morire dissanguato perché Tank gli piantò un proiettile dritto in fronte.
L’urlo di una donna squarciò l’aria ma, dato che l’elemento sorpresa era saltato, dovevano fare in fretta. Seguì un tonfo sordo quando nella sala principale un vetro venne frantumato. Quando Tank e Drake si avvicinarono al corpo dello sconosciuto ed entrarono nel soggiorno, il ringhio del Pastore tedesco dall’aria minacciosa era l’unico suono che accompagnava la melodia jazz, proveniente dalla minuscola radio a batteria che si trovava al centro del tavolo sporco.
Boar torreggiò su un altro corpo maschile, e Pyro sbirciò dalla finestra rotta, puntando la sua Glock sul cane, che abbassò il corpo e mostrò i denti per proteggere la sua padrona.
«Vieni qui, Mylo, va tutto bene,» piagnucolò la donna, come un animale in trappola. «Vi prego, non so quale sia il problema. Non ho sentito né visto niente, andrò via e basta!» ansimò, stringendo tra i pugni la camicetta con tanta forza, da sbiancarsi le nocche.
Tre paia di occhi, nascosti dai passamontagna, si posarono su Tank, che studiò la donna.
Era molto curata, snella, indossava tacchi alti e aveva anche una ciocca rosa tra i capelli, ma le rughe attorno ai suoi occhi tradivano la sua età.
«Vai,» le ordinò, osservando ogni sua mossa. «Vai via e non raccontare a nessuno quello che hai visto qui,» le disse, osservandola alzarsi su gambe tremanti.
Per una frazione di secondo, ebbe paura che non fosse in grado di controllare i propri passi con quelle scarpe dall’aria scomoda ma non appena attaccò un guinzaglio al collare del suo cane, ogni traccia di preoccupazione sembrò scomparire dal suo corpo. «Grazie. Grazie,» ripeté, avvicinando il suo protettore canino che sembrava ancora irritato, nonostante gli ordini della sua padrona.
Passarono dei secondi infiniti mentre la osservavano uscire dalla porta e raggiungere con passo incerto il SUV bianco.
«Sicuro che non dovremmo tenerla qui finché non abbiamo finito? Potrebbe andare alla polizia,» disse Drake, dando un calcio al corpo steso a faccia in giù vicino al porticato. Riggs.
Tank fece una smorfia. «Siamo nel bel mezzo del nulla. Scattiamo le foto e andiamo via.»
Pyro prese una macchina fotografica usa e getta, con l’immagine di un pesce rosso sulla parte frontale. Una fotocamera digitale avrebbe reso tutto più veloce, ma era importante che non lasciassero tracce.
«Prendi anche l’altro tipo. Qualcuno potrebbe essere disposto a pagare anche per lui,» disse Tank, osservando la struttura danneggiata. C’erano mobili distrutti e pareti ammuffite, quindi era chiaro che la musica doveva essere stata un modo per far tranquillizzare la donna. Era probabile che quella poverina non avesse idea di essere stata salvata da un pericolo mortale. Se Riggs aveva un alleato, allora era impossibile che si trattasse di un appuntamento.
«Controllate la casa,» disse Tank. Era diventata una routine a quel punto, ma dubitava che avrebbero trovato qualcosa, a parte scarafaggi. Comunque, il suo periodo nell’esercito gli aveva insegnato che le misure di precauzione non erano mai troppe e che le procedure avessero uno scopo. Percorse il corridoio in direzione delle scale, esitando davanti alla ringhiera rotta. Per una frazione di secondo, Tank pensò di non andare al piano di sopra, ma poi notò delle impronte sullo strato spesso di polvere che ricopriva il legno vecchio, così sospirò e salì.
Spezzarsi il collo in una caduta sarebbe stato un modo idiota di morire dopo anni come cacciatore di taglie e tuttofare occasionale, ma quelle scale sembravano avere una struttura solida, così accese una torcia e osservò i graffiti volgari che ricoprivano buona parte della parete. Stava per dirigersi dalla parte opposta del corridoio quando sentì uno scricchiolio dietro la porta più vicina.
Un rivolo di sudore gli scivolò lungo la schiena, non appena notò un lucchetto nuovo di zecca che la teneva chiusa. «C’è nessuno?» chiese, concentrandosi sul rumore.
Aggrottò la fronte non appena sentì un gemito. Che cazzo?
«Sto per entrare. Se hai un’arma, lasciala andare oppure ti sparerò,» intimò a chiunque si trovasse dietro la porta e dopo la ispezionò.
Il lucchetto era nuovo, ma la porta aveva visto giorni migliori come le scale, così Tank indietreggiò e usò tutta la sua forza per sfondarla. Non aveva ottenuto quel soprannome per niente. La sua spalla si scontrò con il compensato e, quando la lastra si spaccò, diede un calcio deciso.
La porta rotta penzolò all’interno, rivelando una figura in un angolo. Tank puntò la torcia sulla persona, che sussultò, accecata dalla luce gialla e abbagliante, che fece luccicare le tubature cui erano legate le manette che le tenevano imprigionate le caviglie.
Era imbavagliata e a Tank bastò un altro sguardo per capire che quella figura così esile fosse un uomo. Indossava solamente un paio di jeans, anche se aveva i piedi scalzi.
Con un gemito, il giovane allungò i polsi legati verso di lui. Quel ragazzo era così bianco che, per un secondo, Tank pensò che non fosse umano, ma un fantasma o un angelo che brillava di luce propria.
La cascata di onde biondo pallido sembrava quasi trasparente in quella luce artificiale, ma non appena lo sconosciuto si raddrizzò e lo osservò con occhi arrossati e incorniciati da ciglia bianche, Tank capì che non era la luce a farlo apparire così pallido.
Era un albino.
Ed era incredibilmente bello.