1805. Laurent. Servo a contratto. Desidera disperatamente sfuggire da una vita che sta andando in rovina.
2017. Beast. Vice presidente del club motociclistico Kings of Hell. I suoi pugni parlano per lui.
Beast è rimasto sfigurato in un incendio, ma ha coperto la sua pelle di tatuaggi per assicurarsi che nessuno confondesse le sue cicatrici con segni di debolezza. L’incidente non ha solo danneggiato il suo corpo, ma ha trafitto anche la sua anima e la sua autostima, così lui si è chiuso in un guscio di violenza e caos dove nessuno può raggiungerlo.
Fino a quella sera, almeno, quando nella sede del suo club trova un giovane uomo ricoperto di sangue. Dolce, innocente, bello come un angelo caduto dal cielo, Laurent colpisce Beast al cuore. Il giovane è così alla deriva nel mondo che lo circonda ed è un tale insondabile mistero che Beast non riesce a impedirgli di farsi strada attraverso la corazza che è il suo cuore.
Nel 1805, Lauren non ha famiglia non ha uno scopo, le prospettive per il suo futuro si stanno assottigliando. Per sfuggire alla povertà, usa la sua bellezza ma gli si rivolta contro trascinandolo in una catastrofe che cambia la sua vita per sempre. Fa un passo verso l’abisso e viene trasportato nel futuro, pronto a combattere per una vita degna di essere vissuta.
Quello che non si aspetta di trovare è una brutale, goffa montagna di muscoli tatuati con un lato tenero che solo a lui è permesso toccare. Eppure, se Laurent vuole guadagnare la libertà, deve spezzare il cuore a quell’uomo che si è preso cura di lui quando ne aveva più bisogno.
Tematiche: travel time, asservimento, serial killer, crudeltà, club motociclistico, stili di vita alternativi, disabilità, demoni, tatuaggi, scelte impossibili, inganno, criminalità, scoperta di se stessi, guarigione, verginità, magia nera, gothic.
Genere: Dark, paranormal romance.
Contenuti erotici: altamente erotico, sentimentale, scene esplicite.
Lunghezza: 135000 parole (Libro Primo di una serie, può anche essere letto singolarmente)
AVVERTIMENTI: Questa storia contiene scene di violenza, linguaggio offensivo e personaggi moralmente ambigui.
Brecon, Maine. Aprile 2017
Con la coda dell’occhio, Beast vide suo padre scambiare un bacio famelico con la sua ragazza, Martina, per poi chinarsi a baciare l’uomo che la stava prendendo da dietro. La birra aveva un retrogusto amaro ma Beast non ci badava, continuava a picchiettare i denti contro il vetro della bottiglia, così forte che temeva di romperla.
Respiri pesanti esplosero attraverso le pareti dell’ex manicomio, salendo fino all’alto soffitto. Il lampo di luce viola e verde sfiorava le forme nascoste oltre la sua portata, facendo apparire fantastiche anche le cose più banali. In un angolo dell’ampia stanza, nascosti nel riverbero violetto, i tre amanti si muovevano all’unisono, le ombre e il fumo li trasformavano in un unico corpo mostruoso che pulsava veloce, contorcendosi e tremando, come se stesse per lasciare le ombre e attaccare Beast con tutta la sua ferocia.
Cominciarono a muoversi più in fretta, con un ritmo che sarebbe presto finito. Due paia di arti robusti erano avvolti attorno alla carne tremante della donna nel mezzo, furiosamente spinti verso il culmine prima di esplodere e staccarsi di nuovo in corpi separati.
Beast rimase in un angolo, con le braccia incrociate, fissando silenziosamente il buffet di carne che avrebbe potuto assaggiare, se lo avesse desiderato. La verità era che avrebbe voluto unirsi a quella festa immorale, come faceva di solito. Sarebbe andato da Spike, per prima cosa. Quel bellissimo visitatore occasionale aveva una cotta per i motociclisti e non si lasciava mai sfuggire il cazzo di qualcuno del club. Era sempre lì ad aprire le gambe alle feste, l’elegante completo da lavoro dimenticato nella sua casa di Portland.
Se Beast si fosse unito ai festeggiamenti, avrebbe spinto il suo cazzo in quella bocca spalancata e guardato il liquido denso colare sulla faccia di Spike e scorrere sul suo petto. E la cosa peggiore era che sarebbe bastata una parola e Spike sarebbe stato pronto, in ginocchio di fronte a lui, bramoso di accoglierlo. Beast era certo che quel tipo avesse già depennato tutti gli altri membri del Kings of Hell MC dalla sua lista dei desideri, e non avrebbe smesso di lanciare occhiate seducenti verso di lui. Ma Beast non voleva essere un fenomeno da baraccone o una scopata di compassione, o un altro pezzo nella collezione dei partner sessuali di Spike.
Non sarebbe stato nemmeno la scorciatoia di qualche novizio.
Beast dubitava che un qualunque visitatore occasionale lo avrebbe voluto vicino se non fosse stato per una morbosa curiosità o per ottenere favori. E Beast non voleva essere il paparino di nessuno, nemmeno se fosse riuscito a immaginare che qualcuno fosse attratto da lui. No. Era meglio così. Guardare gli sarebbe bastato.
Mentre distoglieva lo sguardo, King, il padre di Beast, Martina e l’ospite di quella sera, finirono. Lei si staccò dall’altro uomo e crollò tra le braccia di King, scambiando con lui un ultimo bacio. Si abbassò la gonna e camminò verso la luce, reggendosi con la mano contro il muro. Sembrava avere le vertigini, se fosse per il rapporto doppio o perché aveva bevuto troppo, Beast non lo sapeva. Lei gli fece un cenno di saluto, e crollò un attimo dopo, fortunatamente aggrappandosi alla sedia più vicina, invece di atterrare sulla collezione di bottiglie e bicchieri sul tavolino sudicio.
Una mano pesante si posò sulla pelle di Beast, così bruscamente che lui si trattenne a malapena dal ritrarsi mentre i nervi schiacciati della sua spalla ferita gridavano in allarme. Sapeva chi fosse ancora prima che il padre parlasse.
La zip di King era ancora aperta, cosa che fece sollevare subito lo sguardo di Beast verso il bellissimo viso che gli ricordava sempre l’aspetto che lui stesso aveva perso. In passato era stato l’immagine speculare di suo padre, ma i geni, buoni o cattivi che fossero, non potevano niente contro il fuoco. Guardare le fattezze virili di King gli ricordava ogni giorno come sarebbe stato se non fosse rimasto sfigurato in un incendio dodici anni prima.
Il suo vecchio, d’altra parte, avrebbe potuto facilmente essere uno di quei cinquantenni sexy a cui Hollywood sembrava essere tanto appassionata. I suoi capelli e la barba erano ancora biondi, le labbra rosa e piene come quelle di un uomo giovane, e il suo corpo trasudava virilità a dispetto di tutta la violenza, l’alcool e le notti in bianco che si erano susseguite nella sua vita.
«Non ti sei ancora sistemato?» chiese King, mostrando a Beast due file di denti bianchi e perfetti. «Te lo chiederò tutti i giorni fino a quando non succederà,» disse, premendo le dita contro la pelle dolorante di Beast, fino a quando lui dovette sforzarsi di non indietreggiare per la sensazione di allarme che i suoi nervi danneggiati stavano inviando al suo cervello.
Ma Beast non poteva mostrare alcuna debolezza, non dopo così tanto tempo dall’incidente che aveva trasformato il suo corpo in un campo minato di dolore (un’altra ragione per cui le scopate casuali durante i party gli sembravano più spaventose che eccitanti). Se qualcuno lo avesse toccato con troppa irruenza e lo avesse fatto gridare? E se avessero cominciato a dire che il figlio del presidente era un debole che gridava di dolore quando qualcuno lo toccava? Il club era la sola famiglia che Beast avesse. Il suo unico scopo. E non poteva mettere a repentaglio la sua posizione, perché King non lo avrebbe sostenuto se lui fosse caduto in disgrazia.
«Datti una calmata,» disse Beast, alla fine, premendosi sul collo la bottiglia vuota.
La bocca di King si piegò in un ampio sorriso e lui diede al figlio una pacca sulla schiena. «Anche il tuo cazzo se ne sta calmo, dico bene?»
Beast si sforzò di sorridere, e il suo sguardo vagò nella confusione di divanetti e sedie sparpagliate in giro.
All’inizio della serata, Knight, il più caro amico di Beast, e la sua fidanzata Jordan sembravano tornati alla normalità, ma l’umore doveva essere precipitato negli ultimi minuti perché ora erano seduti dandosi le spalle e si soffiavano dietro a vicenda.
Qualche volta Beast prendeva in considerazione l’idea di trovarsi un partner fisso (se ci fosse stato un uomo abbastanza interessato a lui) perché avrebbe potuto insegnare a qualcuno come toccarlo e non doverlo fare e rifare tutte le volte, come sarebbe capitato con un amante casuale. Le persone non volevano fare sforzi per un uomo pesantemente tatuato, ricoperto di ustioni e con una vita burrascosa, quando c’erano situazioni più semplici a portata di mano. E poi, Beast pensava alla relazione tra Knight e Jordan e di colpo perdeva interesse per ogni tipo di romanticismo. Stare con qualcuno gli avrebbe solo causato più problemi e fastidi di quanto rimanere single avrebbe mai fatto.
King emise un lamento. «Stai avendo di nuovo uno dei tuoi momenti?»
«I miei momenti?» chiese Beast, senza capire cosa intendesse suo padre. King era uno di quegli uomini che pensava che se non stavi sempre sorridendo allora eri di cattivo umore. Ma Beast stava bene. Si sentiva del tutto normale. Guardare coppie che avevano un legame romantico e sessuale lo aveva fatto soffrire nei primi mesi, quando aveva realizzato che non avrebbe mai più potuto avere qualcosa del genere. Ma lui era uno con la pelle dura, adesso, aveva persino le cicatrici a testimoniarlo.
King sollevò le mani in un canzonatorio gesto di resa e rise. «Okay, okay. Almeno prenditi un’altra birra.»
Beast strinse forte le mani attorno alla bottiglia, fermandosi solo quando si rese conto che dei tagli erano l’ultima cosa che gli serviva nella sua collezione di imperfezioni.
La musica era così alta che tutti dovevano urlare per farsi sentire, per questo Beast non aveva notato il litigio che era cominciato dal lato opposto della grande stanza, ma i due uomini che si stavano spintonando attirarono la sua attenzione, facendogli dimenticare King. Uno dei due era il loro vice presidente, Davy, l’alto era Gyro un tipo nuovo che era stato invitato da una delle ragazze. Nessuno aveva notato cosa stesse succedendo con la band che suonava a un volume persino troppo alto, ma Beast se n’era accorto e attraversò la folla di persone impegnate a ballare in coppie e che presto si sarebbero trasferite sui divanetti o nelle camere lì vicino.
«Che cazzo è questa roba, comunque?» Gyro urlò, spingendo forte Davy, facendogli cadere il suo cappello di pelliccia preferito. Le cose si stavano mettendo male.
Gli occhi di Davy si spalancarono furiosamente. «Non puoi venire a un’orgia aspettandoti di venir ricoperto di figa. Un uomo ti prende alle spalle? Fattene una ragione, coglione!»
Non di nuovo. Non era compito di Beast occuparsi di quelli nuovi, ma in quel momento avrebbe voluto che fosse così. Avrebbe potuto occuparsene da solo, nel caso uno dei suoi fratelli si fosse mostrato poco lungimirante e avesse fatto entrare nel club qualche stronzo omofobo. Almeno, quella rissa gli avrebbe dato qualcosa di cui occuparsi, invece di lasciarlo a rimuginare.
La musica si interruppe. Prima la chitarra e il basso, poi la batteria suonò più forte un attimo prima di cedere al silenzio, prima che il tizio capisse che le cose si stavano surriscaldando sotto al palco. La voce di Gyro suonava forte e chiara nel silenzio che si era venuto a creare.
«E voi sareste un biker club? Siete solo un mucchio di froci,» esclamò e lanciò una bottiglia contro il muro, il suo corpo ubriaco ondeggiò cercando di mantenere l’equilibrio. La bottiglia si ruppe in mille pezzi, ma il suono del vetro rotto fu coperto dalle grida e dai rumori mentre i motociclisti mettevano a fuoco gli insulti che avevano appena ricevuto.
Joker spinse via la ragazza che gli era seduta in grembo e si alzò, saltando oltre lo schienale del divano, volteggiando come un acrobata nella sua camicia verde che di sicuro nascondeva una collezione di armi che avrebbero potuto essere usate su quel tipo che era venuto lì a infrangere le regole del club.
«Siamo fuorilegge. Facciamo quel cazzo che ci pare. Hai qualche problema con il fatto che io mi scopo gli uomini quando mi va di farlo? Magari il mio cazzo dovrebbe piantarsi nel tuo culo e mostrarti cosa si prova, eh? Vuoi provare?» soffiò Joker, tirandosi indietro i capelli a spazzola.
Gyro spalancò gli occhi e prima che Beast potesse raggiungerlo, il coglione tirò fuori una pistola. Un’arma minuscola, una di quelle che le donne erano incoraggiate a portare nella borsetta, ma, per quanto piccolo, quell’affare avrebbe potuto fare un sacco di danni. «È meglio se stai lontano, cazzo!»
L’atmosfera si raggelò. Gli ospiti scattarono, urlando spaventati mentre si nascondevano dietro ai mobili o correvano via, alcuni senza nemmeno i vestiti. Il senso di panico aleggiava nell’aria e Beast sentiva prudere le mani dalla voglia di menare pugni.
Si chinò e si mosse nascosto dai divani, con l’intento di raggiungere il coglione alle spalle. I mozziconi di sigarette e il sudiciume che ricoprivano il pavimento erano una sensazione disgustosa sotto le sue dita, ma continuò ad avvicinarsi al nemico, il più rapido e silenzioso possibile, la testa che gli pulsava violentemente. Più tempo avrebbe impiegato a disarmare il coglione, più pericolosa sarebbe stata la situazione. Beast non poteva tollerarlo, non in casa sua.
«Andiamo, non fare l’idiota,» disse Rev, il loro sergente, con voce calma e ferma. Il suo carattere affidabile era una delle ragioni per cui gli erano state affidate le faccende legali del club, e forse avrebbe offerto a Beast un diversivo sufficiente per riuscire a prendere quello stronzo di sorpresa.
«Io? Voi, ragazzi, siete fottutamente esilaranti. Non portate nemmeno le vostre armi da fuoco?» soffiò Gyro con la voce strascicata, e Beast strinse i denti. A quel punto dei loro party, tutti i membri del club erano troppo ubriachi per far fronte a un nemico armato senza diventare un pericolo per tutti gli altri, ma se Rev avesse tentato una negoziazione, la situazione poteva mantenersi sotto controllo. Nessuno aveva bisogno di un civile morto e sepolto nel terreno di proprietà del club, solo perché era stato troppo precipitoso e si era considerato intoccabile.
Il suo amico doveva aver notato quello che stava facendo, perché dopo che i loro sguardi si erano incrociati per una manciata di secondi, Knight si era tirato indietro i capelli con un gesto casuale e si era avvicinato a Gyro. Inevitabilmente, l’uomo aveva puntato la pistola contro di lui, ma almeno lo avevano distratto da Beast.
«Quanti proiettili hai in quella pistola minuscola, stronzo? Quante persone potresti uccidere prima che qualcuno ti spacchi la testa?» chiese Knight in un filo di voce.
Non proprio l’approccio che Beast avrebbe avuto con un uomo armato che era anche ubriaco o magari drogato, ma come diversivo poteva funzionare. Nel momento in cui il coglione aprì la bocca, tutta la sua attenzione concentrata su Knight, Beast lo afferrò per le gambe e lo abbatté come un albero.
Gyro si lasciò scappare un sussulto, ma appena toccò il pavimento, la pistola quasi gli sfuggì.
Beast torse la mano di Gyro per fargli mollare la presa sull’arma, poi gli assestò un violento colpo in faccia con il gomito. Fu investito dall’odore di polvere di intonaco e la stanza esplose in un coro di grida. Sollevò la testa, e attraverso la nuvola pallida e polverosa vide un uomo che lottava con un grande blocco di macerie. La luce soffusa illuminava a malapena il punto più alto della stanza ma, con il cuore che gli batteva all’impazzata, Beast notò il grosso squarcio nei rilievi del soffitto, la fonte di quei detriti che continuavano a cadere a terra in pezzi grandi e piccoli. Lizzy, il frontman della band, saltò giù dal palco urlando che qualcuno chiamasse un’ambulanza per suo padre, ma nella concitazione nessuno lo sentì. Molte persone stavano fuggendo dalla sala, ora che non erano più a rischio di beccarsi un proiettile, e Beast si soffermò a pensare se non dovessero essere tutti evacuati.
Gyro si contorceva sotto di lui, cercando di liberarsi. «Mi dispiace!» gridò, suonando pentito ma anche spaventato. Troppo tardi.
Rev era accanto a Davy, sollevando i pezzi di legno e muratura con accanto Lizzy, Knight e Joker. «Te l’avevo detto che questo posto non era sicuro! Adesso dovremmo investire in una ristrutturazione oppure trasferirci!» esclamò, lanciando un grosso detrito così forte che colpì il muro vicino e ricadde con un tonfo.
Solo qualche secondo dopo Beast realizzò che Rev stava discutendo con King. «Era sicuro fino a quando qualcuno non ha sparato contro il soffitto, cazzo!»
«E allora? In un edificio normale il soffitto non sarebbe crollato a causa di un proiettile,» sbraitò Rev, stirando i muscoli mentre King sollevava un grosso pezzo caduto addosso a Davy che urlava come se qualcuno gli stesse strappando via le unghie una a una. Lizzy, che cercava di aiutare a liberare suo padre dalle pesanti macerie, era così pallido che Beast temeva che stesse per svenire.
Premendo Gyro con forza contro il pavimento per tenerlo fermo, Beast guardava verso di loro ancora confuso dalla polvere e dal caos attorno a sé. «Cosa è successo?»
King guardò verso di lui con una smorfia. «Il proiettile ha smosso qualcosa nel soffitto…»
Rev lo interruppe con un ringhio, incrociando le braccia robuste sul petto nudo e muscoloso. «Il soffitto sta crollando. Guarda qui, la gamba di Davy è fottuta!»
E, tanto per peggiorare le cose, Beast si rese conto del forte e feroce abbaiare che veniva dal corridoio, dove Hound, il suo cane, era stato chiuso per tutta la serata.
«Me ne andrò e basta! Non volevo sparare! Mi ero persino dimenticato di averla con me,» Gyro cominciò a gridare come un maiale che aveva visto arrivare il macellaio.
Martina stava già parlando al telefono con i servizi di emergenza, ma a causa del suo farfugliare da ubriaca doveva continuamente ripetere le cose e diventava sempre più frustrata a ogni secondo che passava. La faccia di Davy, rossa e sconvolta dal dolore sotto la barba bianca, continuava a dominare i pensieri di Beast. Davy era come uno zio per lui. Era stato lui a insegnargli le tecniche di sopravvivenza e a fargli apprezzare i campeggi in mezzo alla natura. E adesso era a terra perché un idiota non aveva rispettato le loro regole.
Beast afferrò la pistola caduta e tirò su Gyro con uno strattone. Il coglione aveva perso tutta la sua spavalderia e tremava così tanto di paura da reggersi a malapena in piedi. Il pensiero che un essere così patetico fosse la causa del dolore di Davy era un insulto. Gli occhi di Beast incontrarono quelli di King. Una comprensione senza bisogno di parole corse tra loro, e King annuì, dando a Beast il permesso di sistemare le cose con Gyro.
«Novizio,» gridò Beast, trascinando Gyro lontano dal gruppo di persone attorno all’uomo ferito. «Chi è la femminuccia, adesso?» Beast ringhiò nell’orecchio dell’uomo mentre notava le lacrime che scendevano sulla faccia.
Jake, il loro novizio, era già dietro di lui come faceva Hound durante le loro passeggiate.
«Cosa vuoi che faccia?» chiese Jake, gli occhi azzurri spalancati, il viso giovane e arrossato da ragazzino. Giocava a football alle superiori e ora sembrava eccitato come se avesse segnato un touchdown.
«Vieni con me,» disse Beast e spinse Gyro costringendo il bastardo a camminare sulle ginocchia. Il suo cuore sanguinava per Davy. Più di tutti Beast conosceva il valore dell’essere in buona salute, e odiava il pensiero di tutte le cose che il loro Vice Presidente avrebbe dovuto passare ora che era così vicino all’andare in pensione.
Jake li seguì e aprì la porta che portava alle stanze private e agli appartamenti, dove erano ammessi solo i membri del club. La luce lampeggiò, un’altra testimonianza del deterioramento dell’edificio. Forse l’umidità causava qualche problema alla rete elettrica, ma il soffitto cadente era stato il colmo. Gyro era colpevole di aver portato un’arma nella sede del loro club, di averla puntata contro un membro anziano, ma le conseguenze non sarebbero state così gravi se il club non fosse stato già sul punto di trasformarsi lentamente in una trappola mortale. Beast aveva suggerito di cambiare sede per un po’, ma dopo quella notte, tutti avrebbero finalmente visto quanto fosse urgente ristrutturare l’edificio oppure trasferirsi.
Mentre si avvicinavano alla stanza dove Hound era stato chiuso per la festa, l’abbaiare cresceva forte, tormentando i centri dell’ansia nel cervello di Beast. Probabilmente Hound aveva avvertito il caos ed era solo terrorizzato da tutto quel rumore, ma lui voleva comunque controllare il suo animale.
«Novizio, la cantina,» disse, sottomettendo il loro prigioniero che non aveva nemmeno tentato di divincolarsi e continuava a tremare come un coniglio spaventato. Era troppo tardi per chiedere scusa o pietà.
Jake lanciò all’uomo uno sguardo di pena. Doveva resistere se voleva diventare un membro ufficiale del club, un giorno. La cantina era un labirinto di aree in disuso dove oggetti e vecchi mobili erano abbandonati sotto un velo di polvere. Jake dovette spostare un armadietto di medicinali per accedere alla porta nascosta.
«Per favore, non deve finire così. Voglio dire… senza offesa! Ero troppo ubriaco!»
Sembrava che fosse sobrio, adesso. Dio.
Beast spinse in avanti il coglione, spingendolo giù da una rampa di vecchie scale. Il suono del corpo che colpiva i gradini e poi il suolo non servì a calmare la sua rabbia. Niente avrebbe migliorato le cose. «Eri un ospite, qui. Non possiamo tollerare quello che è successo. Non puoi fare del male al nostro Vice Presidente e andartene come se niente fosse,» disse, accendendo l’unica lampadina che illuminava lo spazio che odorava di muffa ed escrementi di topi. Scese nella cantina con tre lunghi passi.
Gyro fece un sorriso nervoso e cercò di sollevarsi dal pavimento, ma lo stivale di Beast lo tenne a terra. «Io… io potrei cambiare idea se fosse… d’aiuto,» concluse con un sospiro tremante.
Beast fece un sorriso disgustato. «No,» disse e prese Gyro per il collo, sollevandolo di peso. Un rapido pugno mandò il coglione a terra con un grido scioccato, ma Beast non aveva finito. Sollevò Gyro più e più volte e non importava quanto cercasse di scappare o di allontanarsi, i pugni di Beast continuarono a fare il loro dovere, con lentezza, trasformando la faccia dell’uomo in un disastro sanguinolento. Jake rimase a guardare, in completo silenzio, mentre Beast si inginocchiava accanto a Gyro che era rimasto a terra dopo l’ultimo pugno e ora sembrava incapace di rialzarsi.
Il sangue scorreva veloce nelle vene di Beast e guardando nei suoi occhi ridotti a fessure era evidente che non provasse rimorso. A Gyro sarebbe andata bene se avesse lasciato il club vivo, ma non poteva far del male a Davy e cavarsela solo con qualche ferita. Prima che Gyro potesse reagire, Beast gli sollevò la mano destra, la stessa che aveva sparato il proiettile contro il soffitto, e gli appoggiò l’avambraccio a un blocco di cemento che era lì da sempre. Picchiò, usando il blocco come leva, e l’osso si spezzò con uno scricchiolio disgustoso. Gyro lanciò un grido per poi crollare svenuto sul pavimento.
Il silenzio avvolse la stanza per un momento. L’abbaiare di Hound sembrava arrivare fin lì. Beast prese un lungo respiro e, finalmente, guardò Jake che era rimasto sull’attenti come un soldato che aspetta ordini.
«Sistema questa roba. Portalo in città e lascialo vicino all’ospedale. Assicurati di non farti riprendere da qualche telecamera. E poi fammi sapere chi ha medicato lo stronzo.»
Ci fu un “agli ordini” da parte del novizio, ma Beast non attese risposta e risalì le scale.
Il ringhiare allarmato di Hound si fece strada, assieme ai gemiti, quando lui raggiunse la porta e l’aprì solo per vedere il massiccio corpo del Rottweiler che lo superava e si precipitava nel corridoio. Beast si aspettava che il suo cane si precipitasse verso la stanza dove era da poco accaduto l’incidente, ma Hound guardò il suo padrone lasciandogli intendere che voleva essere seguito e corse nella direzione opposta. Beast avvertì un brutto presentimento.
C’era un intruso, da qualche parte? Vista la grandezza dell’ex manicomio che aveva fatto da sede al club dei Kings of Hell per gli ultimi quindici anni, era facile trascurare le cose che accadevano nelle zone in disuso di quella struttura. Una volta un gruppo di ragazzini si era intrufolato per spiare l’orgia. Per fortuna non era finita col sangue e da quel casino avevano almeno ottenuto che Jake si unisse a loro.
Beast si chiedeva se non fosse il caso di andare in armeria e procurarsi una pistola, ma decise di non farlo. Ci sarebbe stata la polizia e i soccorsi arrivati per Davy e sarebbe stato meglio non andarsene in giro armati, non importava quanto fossero buoni i loro rapporti con le autorità locali.
Hound si muoveva come se stesse seguendo una pista precisa, ma Beast non sentiva nessun odore, a parte quello della polvere e dell’umidità. Si erano lasciati alle spalle la sparatoria e il suono dell’ambulanza che si avvicinava e, alla fine, erano entrati in un corridoio in disuso con un dito di polvere sul pavimento. Adesso Beast riusciva a vedere le impronte sulla polvere e, accanto, macchie scure che potevano essere sangue.
Hound annusò le tracce, si guardò indietro e prese a correre con Beast che lo seguiva con il presentimento peggiore che potesse avere. Il suo cuore batteva forte mentre correvano lungo il corridoio buio.
L’edificio era un labirinto e in quel punto erano lontani dalla zona dove tutti vivevano e lavoravano. Non era nemmeno più collegato alla rete elettrica, così lui inspirò l’odore della muffa e seguì Hound attraverso il buio, sperando di non inciampare.
Le finestre nelle stanze prive di porte su entrambi i lati del corridoio erano l’unica fonte di luce, con un leggero scintillio rosso e blu, ora che l’ambulanza era vicina. Per quel che ne sapeva lui, poteva trattarsi di un castello gotico, qualcosa uscito da Dracula di Bram Stoker, con mostri assetati di sangue che aspettavano la loro prossima vittima in uno di quei corridoi infiniti, eppure corse più veloce, seguendo il ticchettio delle unghie del cane.
Senza alcuna esitazione, Hound si gettò in una delle stanze ed emise un ringhio così feroce che Beast si pentì di non aver portato con sé una pistola. Ma nessuno gli sparò quando Hound abbaiò. Entrò attraverso una porta divelta, saltando oltre una sedia caduta, per vedere qualcuno che si nascondeva nell’ombra.
A giudicare dai lunghi capelli ondulati e dalla bassa statura, in un primo momento pensò che si trattasse di una donna, ma poi la persona parlò con una voce chiaramente maschile.
«Io… io non sono sicuro di dove mi trovo.» Lo sconosciuto fece un passo oltre il cono d’ombra verso i lampi di luce che provenivano dall’esterno. Il suo accento era marcatamente straniero. Francese, forse?
Beast lo guardò accigliato. Il sangue ricopriva la faccia e i capelli dello sconosciuto, gocciolando dal mento, dalle punte delle dita tremanti, macchiando il vestito che sembrava aver rubato da un set di un film storico. Stivali al ginocchio, pantaloni aderenti, un gilè sotto a un cappotto a marsina.
«Che cazzo stai facendo nella nostra proprietà, ragazzo?» chiese Beast, osservando i lineamenti morbidi da uomo molto giovane. «Di chi è quel sangue?» chiese, ancora all’erta. Per esperienza, sapeva che anche una presenza non minacciosa poteva nascondere un combattente, quindi non voleva correre rischi insieme a Hound, di fronte a quello sconosciuto più basso di lui, tanto che la sua testa macchiata di rosso gli arrivava appena al petto.
Lo sconosciuto indietreggiò verso l’angolo, gemendo impaurito quando Hound abbaiò di nuovo contro di lui e abbassò la testa, ma Beast non se ne preoccupò e afferrò un braccio del ragazzo. «Il sangue è tuo, allora? Qualcuno ti ha aggredito? Dove?» chiese, senza smettere di tastare lo sconosciuto per assicurarsi che non avesse armi nascoste sotto il cappotto.
Il ragazzo cercò di liberarsi dalla sua presa, ma non sembrava troppo forte. «N… no. Non penso sia mio. Non lo so. Questo è l’inferno?»
Beast sbuffò, fissando il giovane dall’aria scioccata, la cui camicia era completamente inzuppata di rosso. Qualcuno doveva essere morto se c’era tanto sangue.
«Dovrai dare spiegazioni a King.
Rowen (Tre libri sopra il cielo)
Judith (Dirty Books Obsession)
Natasha & Jasmine (Kindle Cousins)