Solo un anno prima, Clover non avrebbe cambiato nulla della sua vita. Aveva trovato quattro uomini da amare, tutti importanti e che lo facevano sentire completo. Ogni membro di quel gruppo, che non seguiva la legge, era complicato in maniera diversa.
Tank era il suo Paparino adorato, Pyro il selvaggio che lo trascinava nei guai, Boar gli aveva insegnato a cucinare e Drake gli aveva mostrato come usare i coltelli in un altro modo.
Tutto ciò che Clover desiderava era sentirsi finalmente alla pari degli altri. Per questo si era allenato, si era messo di impegno e aveva rischiato ma, di fronte a un pericolo vero, si era spezzato come un ramoscello.
Dopo il rapimento di uno dei suoi amanti, Clover non sa come tornare quello di una volta. La relazione che hanno creato con tanta attenzione si è frantumata, e potrebbe non tornare più a essere quella di prima.
Perché il loro gruppo riesca a tornare di nuovo coeso, Clover dovrà trovare il coraggio perduto, anche se significherà affrontare il mostro che gli ha rovinato la vita e delle verità che nessuno dei suoi uomini vorrà gestire.
***
POSSESSIVI un romanzo dark gay harem contemporaneo, il terzo volume della trilogia “Four Mercenaries”. La storia contiene contenuti espliciti, un linguaggio forte, personaggi moralmente ambigui e parecchie scene bollenti ed emotive.
Temi: poliamore, mercenari, cacciatori di taglie, albinismo, problemi a impegnarsi, passato oscuro, legame maschile, traffico di esseri umani, differenza di taglia, pericolo, maschio alpha, famiglia per scelta, mancanza di fiducia, condivisione, vittima e protettore, vendetta, crimine organizzato, ansia, salvataggio.
Lunghezza: ~75,000 parole
Clover avanzò tra i corpi sudati, uomini che urlavano attorno a una gabbia che non riusciva a vedere. Nessuno lo avrebbe notato con la sua chioma biondo scuro, la felpa grigia o la stazza per niente imponente e, soprattutto, non in mezzo a quella folla di gente assetata di sangue come un branco di cani affamati in una terra post apocalittica.
Il ringhio di Pyro fu come il rombo di un veicolo che accelerava ma, nonostante il rumore metallico che seguì, Clover non apparve preoccupato. Non si era trattato di un gemito di dolore o di sgomento. Pyro era nel suo elemento, anche se lui non riusciva ancora a vederlo, dato che le mani sollevate gli bloccavano la visuale. Riuscì a distinguere a malapena i tonfi sordi dei pugni che colpivano la carne ma, non appena si mosse verso il ring, notò dei capelli blu dietro la rete metallica fitta, e capì che il suo istinto non lo aveva tradito.
Gli spettatori lì non erano così compatti, così si avvicinò alla gabbia a piccoli passi, tenendo il capo chino per proteggere gli occhi sensibili dalla luce violenta delle lampade sul soffitto.
Odiava quel posto, ma non poteva lasciare Pyro da solo.
Pyro colpì di nuovo l’avversario, scaraventandolo contro la rete, e lui sussultò quando vide il sangue schizzare dal labbro spaccato dell’uomo. Il pubblico sembrava un branco di squali che impazziva di fronte a quello spettacolo violento.
«Ah… resta giù,» sussurrò Clover all’avversario di Pyro, anche se lo fece soltanto in segno di frustrazione, perché quell’uomo con l’occhio così gonfio da essere ormai invisibile, non lo avrebbe sentito lo stesso.
Per dei secondi infiniti, tutti in quella stanza trattennero il fiato, come se non si trattasse di un insieme di individui ma un alveare immobile. Quel tipo non si rialzò.
Sotto quella luce accecante, i capelli di Pyro ricordavano una corona di spine. Torreggiò sull’avversario, il petto sporco di sangue che si alzava a ogni respiro, lo sguardo attento, pronto a cogliere ogni movimento diretto verso di lui. Tuttavia, non fece nulla finché l’organizzatore, l’arbitro, o chiunque fosse, non entrò nella gabbia e gli afferrò il braccio per proclamare il vincitore.
La folla esultò, alcuni urlarono in maniera così aggressiva che Clover temette per la sicurezza del perdente. Quasi tutti i presenti avevano scommesso sui lottatori e, se alcune di quelle persone si fossero sentite in vena di vendetta, la situazione avrebbe potuto precipitare.
Clover era lì per una ragione, così si lanciò in un varco tra quei corpi, nel tentativo di raggiungere il ring. Le persone che desideravano dare una pacca sulla schiena sudata di Pyro o battergli il cinque si scontrarono su di lui più di una volta, ma riuscì ad avvicinarsi.
«Pyro!» urlò, allungando le braccia per la frustrazione. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era che Pyro scomparisse per bere con degli sconosciuti.
Tuttavia, in quel caos, reso ancora più assordante dalla musica rock, Pyro non sentì le sue urla.
Aveva il viso bagnato di sudore e sporco di sangue, ancora in preda all’euforia da combattimento in cui Clover lo aveva visto tante volte da perdere il conto. I suoi movimenti erano rigidi, come se avesse le ginocchia in parte bloccate, ma seguì il flusso delle persone che, dopo una serie di vittorie, lo adorava per i soldi che gli aveva fatto guadagnare.
Dopo aver cercato per mesi Boar senza alcun successo, Pyro aveva deciso di sfogare la sua rabbia in quei combattimenti clandestini. Clover li odiava per principio perché, fra traumi e morsi, si concludevano con la morte di qualcuno, ma ciò che lo preoccupava davvero era che Pyro rischiasse la vita soltanto per sfogarsi su un mondo che lo aveva tradito.
Per quel motivo, restava al suo fianco e raccoglieva i pezzi, se necessario.
Qualcuno diede a Pyro una bottiglia di vodka, che il mercenario sorseggiò come se fosse una lattina di Dr. Pepper, e poi spruzzò il resto sulla folla, ubriacandosi della loro adorazione.
Clover era certo che il suo tentativo di attirare l’attenzione del mercenario fosse stato inutile, ma poi Pyro lo fissò con i suoi occhi tenebrosi e lasciò cadere la bottiglia, sporgendosi sulla rete per toccarlo. Non appena il pubblico si rese conto di ciò che stava accadendo, qualcuno spinse Clover in avanti, proprio tra le braccia di Pyro.
Ansimò contro quelle labbra impregnate di alcol e del sapore metallico del sangue che lo baciarono, ma almeno era riuscito ad avvicinarsi. Era inutile provare a impedire a Pyro di partecipare a quegli incontri. Soltanto Dio sapeva quante volte ci avesse provato. Lo aveva supplicato, pregato, ma non era servito a niente. Pertanto, se Pyro desiderava partecipare, lui sceglieva di restare al suo fianco. L’ultima cosa che voleva, dopo aver perso Boar, era trovare Pyro morto in un vicolo, cosa che era quasi successa un mese prima. Una mattina non aveva fatto altro che agitarsi per l’assenza di Pyro. A quel punto, Tank lo aveva accompagnato e avevano trovato un’auto dall’aria familiare in un fossato.
Pyro era uscito illeso da quell’incidente, a parte un livido enorme sulla fronte, ma non gli era servito da lezione. Tank aveva deciso di lavarsene le mani dopo quell’episodio, ma quel poveretto stava soffrendo e lui non se l’era sentita di abbandonarlo. Non solo per ciò che provava nei suoi confronti, ma anche per Boar, che speravano ancora di trovare.
«Eccoti, bellezza,» disse Pyro, sollevandolo sul ring.
L’ultima cosa di cui Clover aveva bisogno era trovarsi al centro dell’attenzione. «Ehi, Pyro. Sei stato grandioso. Andiamo a casa adesso, okay?» Afferrò il polso del mercenario, sperando che non gli sfuggisse, dato che aveva le pupille così dilatate da coprire quasi del tutto il verde delle iridi. Aveva di nuovo mischiato alcolici e cocaina. Non era nelle condizioni di guidare.
Clover scavalcò la rete e lo strinse per la vita. Era consapevole di poter toccare il sangue del perdente, ma Pyro lo attirò più vicino, impedendogli di scappare. Una volta tornato a casa, avrebbe subito lavato la felpa che indossava.
«Ma la notte è ancora giovane,» disse Pyro, dandogli una pacca sul sedere.
«Sì. Possiamo festeggiare insieme, ma prima dobbiamo andare via.» Lo baciò velocemente nel tentativo disperato di uscire da quel posto pieno di gente inaffidabile.
Per una frazione di secondo, qualcuno attirò l’attenzione di Pyro, ma Clover fu sollevato quando il mercenario ignorò tutti gli altri e percorse la piattaforma sollevata che i lottatori attraversavano per entrare nella gabbia.
«Come stai? I tuoi denti sono a posto?» gli chiese, sollevato quando si allontanarono dagli sguardi di quegli sconosciuti.
Il dietro le quinte non era meno losco, ma non era accessibile a tutti. Clover non avrebbe mai abbandonato Pyro. Non importava in che casini si sarebbe cacciato, desiderava ancora Boar, proprio come gli altri e, una volta ritrovato, tutto sarebbe tornato come prima.
La puzza di piscio impregnava l’aria, e Clover non voleva sapere il perché, dato che nell’edificio si trovavano dei bagni. Comunque, niente di tutto quello importava visto che Pyro era tornato da lui vittorioso. Il comportamento del mercenario era diventato sempre più irrequieto nel corso degli ultimi quattro mesi, da quando avevano perso Boar. Inoltre, ogni volta che andava via, Clover temeva per la sua vita. Almeno per quella sera si era assicurato che tornasse a casa sano e salvo.
Pyro aprì la bocca e gli mostrò i denti per fargli vedere che erano a posto, ma poi lo fissò negli occhi, mettendolo quasi a disagio.
«Ho qualcosa in faccia?» domandò Clover, ma Pyro lo trascinò verso un corridoio vuoto.
«Che succede? Hai preso i soldi?» In quelle condizioni, Pyro era capace di dimenticare anche quel dettaglio e, dopo il disastro dell’incendio in casa di Tank, le loro finanze avevano subìto un duro colpo.
«Soldi?» chiese Pyro, facendolo girare prima di spingerlo in una stanza usata per conservare casse di birra.
Clover sbatté la schiena contro la parete, ma non ebbe tempo di pensare perché Pyro gli fece portare indietro la testa per assalirgli il pomo d’Adamo con la bocca bollente.
Oh.
Deglutì, irrigidendosi per la sorpresa. Non perché non voleva che lo toccasse, ma perché il sesso era l’ultimo dei suoi pensieri quando si preoccupava per la vita di Pyro su quel ring.
«I soldi che hai vinto.» Chiuse gli occhi e gli accarezzò le braccia muscolose. Non importava quante volte Pyro lo snobbasse, gli rispondesse male o lo evitasse, il sesso era il modo in cui si ritrovavano. Il sesso aiutava Pyro a calmarsi e a scacciare il dolore.
Il sesso aiutava lui a dimenticare che era responsabile per la scomparsa di Boar.
«Dopo,» sussurrò Pyro, lasciandogli una scia di baci bagnati e frementi sul collo. Cominciò a tremare, non solo a causa delle droghe e dell’alcol, ma anche per l’adrenalina per aver sfiorato il confine tra la vita e la morte. Il sesso quasi in pubblico di sicuro avrebbe gettato altro fuoco su quel miscuglio esplosivo.
Non importava quanto certe volte si sentisse in colpa, anche lui desiderava dimenticare il mondo a cui doveva tornare. Quello in cui Drake scompariva per settimane, nel quale vivevano in roulotte, e in cui Boar era scomparso. Dopotutto, era soltanto umano, e quando Pyro si avvicinava a lui con il fascino di un animale selvaggio, con quel profumo così virile, e anche di sangue, non riusciva a resistergli.
Gli accarezzò le braccia tatuate, spostandosi sulle spalle senza badare al sudore, dato che era troppo concentrato sul desiderio che provavano l’uno per l’altro.
La pelle umida e ruvida che lo graffiò lo fece fremere dall’eccitazione e dal sollievo, inviandogli una scarica elettrica lungo tutto il corpo. Sapeva che non era il caso di farlo in quel posto, ma Pyro ne aveva bisogno, proprio come lui non poteva vivere senza le attenzioni del mercenario.
Emise un gemito strozzato quando Pyro lo fece voltare, spingendogli il bacino contro il culo per intrappolarlo, solleticandogli la nuca con il respiro. «Sei così sexy,» sussurrò Pyro.
Cominciò ad avere difficoltà a respirare, e non aspettò un secondo di più, abbassando la cerniera dei jeans con dita tremanti. «Sono tutto tuo. Sempre. Lo sai, vero?»
Pyro mormorò qualcosa in risposta, sfiorandogli appena il petto. «Oggi ho vinto. Ovvio che sei mio,» biascicò leggermente le parole prima di reclamare di nuovo la sua bocca, quella volta in maniera più aggressiva, massaggiandogli il palato come se volesse possederlo.
Clover allungò un braccio per sfiorargli il fianco e accolse una delle mani di Pyro sotto la felpa. Quando facevano sesso in quel modo, così violento e selvaggio, si sentiva di nuovo se stesso, e non un ragazzino spezzato con i capelli colorati e timoroso della sua stessa ombra.
Per quel motivo, aveva bisogno di Pyro più che mai.
«Sì, hai vinto. Ecco il tuo premio,» sussurrò premendo la fronte contro la parete fredda. Le carezze di Pyro lo mandarono a fuoco ma, quando finì di parlare, il suo amante gli mordicchiò il collo, non abbastanza forte da affondargli nella carne, ma la sorpresa lo spinse a sollevarsi in punta di piedi.
«Vuoi l’uccello del vincitore?» gli chiese, afferrandogli i pantaloni con troppa forza, abbassandoglieli per scoprirgli appena il culo.
Sentire l’uccello di Pyro contro la pelle nuda lo sconvolse fino al punto che non si accorse nemmeno quando gli abbassò del tutto i pantaloni.
«Sì,» mormorò quando Pyro strusciò contro di lui, scivolandogli tra le natiche. «Hai vinto e puoi avere tutto ciò che desideri.» Clover desiderava davvero festeggiare la sua vittoria. Vederlo vincere significava che era ancora in vita. Alcuni dei suoi avversari non potevano dire lo stesso.
Gli girò la testa quando lo sentì sputare, anche se non ebbe paura. Aveva bisogno di quell’intensità. Con le gambe divaricate, il viso contro la parete, si preparò ma, quando quel cazzo enorme lo impalò con violenza, non si sentì pronto per la tempesta che lo travolse.
Ringhiò e chiuse gli occhi quando sentì una fitta di dolore, ma almeno Pyro era con lui, bisognoso di trovare appagamento. Lo strinse con un braccio attorno al petto mentre con l’altro lo afferrò dalla gola.
«Un buco pronto ad accogliermi, Clo,» gli mormorò all’orecchio, ondeggiando il bacino contro il suo culo.
Si spinse in lui con forza ma, non appena entrambi si persero in quel ritmo, Clover si rilassò tra le braccia del mercenario, lasciando che il desiderio lo guidasse, nonostante la testa che di tanto in tanto sbatteva contro la parete. Le palle di Pyro continuarono a scontrarsi sulle sue natiche, e il calore tra di loro divenne più intenso mentre amore e rimpianto si univano.
Clover non aveva idea di che cosa fosse, perché non era una scopata carica di odio né una d’amore. Il dolore si unì al piacere fino a confondere il mondo attorno a loro, e riuscì a dimenticare ogni cosa, a eccezione dell’uccello duro dentro di lui, il corpo tatuato che lo bloccava contro la parete e i baci passionali del mercenario sul suo collo.
«Sì, scopami così,» sussurrò, in preda all’euforia, finché la sua voce non si trasformò in un gemito prolungato quando Pyro lo scopò ancora più forte, come una bolla d’energia che nessuno era in grado di fermare o contenere. Era soltanto possibile domarlo.
Pyro ansimò e lo schiacciò contro la parete, muovendo i fianchi sempre più forte e seguendo un ritmo stabile quando venne, riversando il suo seme dentro di lui.
«È stato fantastico, Clo. Proprio quello di cui avevo bisogno,» mormorò.
Clover avrebbe potuto piangere sentendo quelle parole, ormai ridotto a un disastro tremante tra le braccia forti di Pyro. Desiderava essere la risposta a tutti i problemi del mercenario, desiderava essere ciò che voleva.
Allungò una mano per masturbarsi con forza l’uccello, mentre Pyro era ancora dentro di lui. Il mercenario era quasi più dolce durante i momenti in cui cercavano di riprendere fiato, i suoi baci più languidi. L’orgasmo lo travolse come un ricordo di un periodo più semplice, quando non doveva preoccuparsi di niente se non dei crampi dopo aver praticato troppo shibari.
Il suo culo si svuotò troppo in fretta, anche se il calore di Pyro non lo abbandonò, perché l’uomo continuò a stringerlo, come se volesse tenerlo al sicuro.
«Sai, ti preferivo con i capelli bianchi. È un peccato che tu li abbia tinti,» gli mormorò.
Clover abbassò le spalle. «Sul serio?» Spinse i palmi delle mani contro gli occhi. Il presente non poteva attendere altri cinque minuti prima di travolgerlo? Aveva cambiato colore di capelli perché non sopportava l’idea che qualcuno là fuori lo cercasse perché interessato al suo albinismo.
Nemmeno lui apprezzava molto i suoi nuovi capelli.
«Andiamo, non fare il permaloso. Ci stiamo soltanto divertendo,» rispose Pyro. Non appena Clover si voltò, lo vide seduto su uno dei barili, con l’uccello ancora in bella mostra.
Fu costretto a prendere un respiro profondo, ma si avvicinò a Pyro per ripulirlo con un panno bagnato, anche se fu del tutto inutile dato che il mercenario aveva bisogno di una doccia. Sudato e sporco di sangue era difficile stabilire dove iniziassero le ferite e finissero i tatuaggi.
«Non sono permaloso, è solo che… sai che sono stato costretto a cambiare colore. Prendi i tuoi soldi e ti riaccompagnerò a casa.» Dopo un attimo di esitazione, si avvicinò per baciarlo sulle labbra. Non era ancora pronto ad allontanarsi da Pyro, dalle sue mani enormi, anche se macchiate di sangue.
Pyro sospirò, massaggiandosi il viso come se fare sesso lo avesse stremato. Aveva l’aria di chi voleva dire qualcosa, anche se si diede una mossa senza proferire parola. Forse fu una fortuna.
Clover impiegò un’altra ventina di minuti per accompagnarlo a ritirare il denaro, e poi andarono verso il furgoncino, in cui Pyro si addormentò ancora prima di allacciarsi la cintura. Quando mise in moto per allontanarsi dalla vecchia fabbrica di giocattoli in cui organizzavano incontri clandestini, stava già russando.
Guidare di notte non era facile per lui, anche con gli occhiali, ma fece ciò che doveva nella speranza che la polizia non li fermasse, dato che non aveva la patente.
Ubriaco e strafatto, Pyro non era di certo la scelta migliore per stare alla guida. Quando lo fissò dormire profondamente, la serenità di quel momento gli causò una fitta al cuore. Ormai Pyro sembrava trovare pace soltanto durante il sonno e il sesso, e Clover aveva anche il sospetto che lottare lo aiutasse a non pensare a Boar.
Nonostante il loro impegno nelle ricerche, la verità era che avrebbero potuto non ritrovarlo mai più. Peggio, avrebbe potuto essere già morto. Era una realtà che nessuno di loro voleva affrontare. Continuare le ricerche era tutto quello che si frapponeva tra Clover e un odio per se stesso così intenso da divorarlo, perché era stato lui a trascinare Boar in quella situazione. Aveva sfruttato l’amore che Boar provava per lui per costringerlo a partecipare a quell’impresa. Pyro non lo sapeva ma, quando il suo filtro verbale già debole cedeva, era evidente che lo ritenesse responsabile.
Dava la colpa a tutti, lui compreso.
Almeno era ancora disposto a parlargli, a differenza di quanto succedeva con Drake. La loro relazione era davvero incasinata.
Sembrava che Boar fosse sempre stato il collante tra di loro, colui che manteneva l’equilibrio del gruppo. Senza di lui, nessuno era in grado di raccogliere i cocci.
Fu contento di allontanarsi dalla strada principale, in direzione dell’edificio minuscolo che avevano affittato per la settimana. Quella distesa verde e silenziosa era diventata il suo angolo di pace, e una collina impediva che morissero abbrustoliti nelle roulotte. Non era male, e Clover sperava di convincere Tank a restare un altro po’ dopo il ritorno di Drake da un sopralluogo a Denver.
Erano le due del mattino quando i fari colpirono la struttura minuscola che condividevano, e si sentì sollevato non appena spense il motore e prese un lungo respiro. Ogni volta che tornava dopo essere stato via per qualche ora, sperava di vedere il furgoncino di Drake. Tuttavia, quel giorno, come tutti gli altri nelle ultime due settimane, non trovò niente.
Pyro russava ancora accanto a lui, il viso rigato di rosso, ma avrebbe dovuto aspettare il giorno seguente per ripulirsi. Era troppo stanco per aiutarlo.
Fece il giro del furgone e aprì lo sportello di Pyro prima di scuotergli leggermente il braccio. «Siamo a casa.»
Pyro sussultò e, per un momento, lo fissò con gli occhi spalancati. «Casa?»
Casa era il luogo in cui creavano un ambiente accogliente. Casa era il luogo in cui vivevano insieme. Senza Boar, quel luogo era distrutto, ma era comunque la cosa migliore che aveva. La casa che considerava il suo porto sicuro.
«Andiamo, ti porto a letto.» Lo baciò velocemente.
«Questa non è casa nostra. L’ho bruciata,» farfugliò Pyro, anche se non gli oppose resistenza, e mise una gamba fuori, reggendosi mentre usciva dal veicolo alla velocità di un nonnino che soffriva di reumatismi. L’adrenalina da combattimento doveva essersi affievolita.
«Sì, è vero. Inoltre, non abbiamo potuto chiedere il rimborso all’assicurazione per evitare che ti arrestassero. Per questo motivo questa sarà casa nostra finché…» si interruppe, perché non gli andava di parlare di un possibile ritorno di Boar. Non era qualcosa che gli andava di discutere con Pyro in quelle condizioni.
Per alcuni secondi parecchio tesi, Clover temette che fosse pronto ad accusarlo, ma Pyro scivolò contro il furgone e si mosse soltanto quando lo aiutò a reggersi in piedi. La roulotte non distava molto, ma il peso del mercenario gli causò dolore alla schiena quando arrivarono e accese la luce all’interno, illuminando quel caos di confezioni di cibo e alcolici sparpagliati su ogni superficie. La puzza di stantio gli diede la nausea, e prese nota di ripulire quel posto il giorno seguente. Trovò una busta vuota di patatine sul letto disfatto, ma la ignorò, depositando Pyro sul materasso con un sospiro di sollievo.
Pyro ebbe abbastanza forza da avvicinarsi alla parete, lasciando spazio sulla destra, il posto di Boar. Vedere quel gesto, anche in un momento come quello, gli spezzò il cuore. Lo vide girare il viso sul cuscino e immobilizzarsi, con le ginocchia leggermente piegate, e lo coprì solamente quando il suo respiro divenne regolare.
Si accomodò accanto al tavolino nella minuscola zona pranzo, desiderando trovarsi al suo fianco in caso si svegliasse e avesse bisogno di aiuto ma, dopo mezz’ora, si sentì sicuro che non avrebbe avuto problemi. Gli lasciò una bacinella di plastica, in caso avesse dovuto vomitare, e dell’acqua e degli antidolorifici per il mattino seguente.
L’aria fuori era fredda, quindi si chiese se dovesse restare e dare a Pyro un’altra coperta ma, alla fine, decise che il mercenario non avrebbe voluto del calore in più nelle sue condizioni. Fissò le stelle alla ricerca di risposte alla sua preoccupazione maggiore, tuttavia, quando non ne trovò, la stanchezza prese il sopravvento, e si trascinò verso la roulotte più grande che condivideva con Tank.
Profumava di deodorante al limone per ambienti. Cercavano entrambi di tenerla pulita. Non era una casa vera come quella in cui avevano vissuto in Oregon, ma al suo interno si sentiva al sicuro. Quel caravan offriva un senso di stabilità che le stanze di motel non possedevano.
Tank era spaparanzato sul lato destro del letto, così Clover non accese le luci quando si spogliò. Il mercenario aveva già troppi pensieri per la testa e non era il caso che lo svegliasse nel cuore della notte quando aveva tanto bisogno di riposo. La maglietta che Clover usava come pigiama si trovava sul divano, così la indossò in fretta prima di mettersi a letto. Il materasso sottile affondò sotto il suo peso in un modo che conosceva bene e, non appena si mise sotto le coperte, Tank lo abbracciò senza proferire parola.
Solo a quel punto, Clover riuscì ad addormentarsi.